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Written by: Città e Territorio

Su Londra l’ombra lunga della Scheggia di Piano

Su Londra l’ombra lunga della Scheggia di Piano

Londra. «Per Renzo Piano e il suo workshop, il futuro della professione nel prossimo millennio risiederà nella capacità di essere all’altezza della sempre maggiore complessità del costruire. Se questo darà luogo a un’architettura dell’umanesimo oppure no, è questione che nel caso di Piano, va lasciata rispettosamente aperta». Queste le parole di Kenneth Frampton nella prefazione al Giornale di Bordo, la bella monografia sull’attività di Rpbw (Passigli, 1997). Lo Shard (letteralmente, scheggia) pare una macchina perfetta, funzionalmente e dal punto di vista dell’environmental design: la gigantesca colonna in calcestruzzo armato, anima dell’edificio, sostiene quella che Piano chiama la «città verticale», 72 livelli abitabili e oltre 83.000 mq di superficie utile, con destinazioni d’uso differenziate: uffici, ristoranti e hotel (4-52), residenze (53-65), vista sulla città (68-72, aperta al pubblico da febbraio 2013). Sarà uno straordinario osservatorio per guardare il paesaggio urbano a circa 250 m d’altezza e ruberà visitatori al London Eye, la ruota panoramica sul Tamigi che si ferma, nel punto più alto, a quota 135 m. La facciata è formata da otto piani inclinati che non s’incontrano in sommità: l’apice del grattacielo si assottiglia fino quasi a sparire.
In basso l’hub che connette l’edificio alla scala urbana e alla rete dei trasporti, in particolare alla stazione ferroviaria London Bridge che è anche fermata della Tube sulle linee Northern e Jubilee: mediamente qui transitano 200.000 passeggeri al giorno. I motivi d’ispirazione per l’edificio sembrano essere stati diversi, a partire dai dipinti impressionisti di Claude Monet: i pinnacoli nella serie di oli su tela dedicati al Parlamento di Londra (1900-1905) hanno stimolato la creatività dell’architetto genovese.
È innegabile che lo Shard abbia una spiccata personalità, aspetto che lo rende identificabile insieme alla condizione privilegiata di grattacielo  isolato. L’opera di Piano è collocata a Southwark, oltre il Tamigi, sul fronte opposto rispetto all’area terziaria della City, dove sorge il Gherkin di Norman Foster (2004), globalizzato al punto che distinguerlo dalla Torre Agbar di Jean Nouvel a Barcellona (2005) diventa complesso, una volta estraniatisi dal contesto urbano.
Di là dagli importanti aspetti tecnici, ideativi e turistici, lo Shard è un’architettura dell’umanesimo? Il motivo per cui si sente la necessità di rivedere l’operato di Rpbw scaturisce dalla constatazione che, nonostante si tratti di un programma imponente per budget e dimensioni, non è dato scorgere un progetto sociale all’altezza delle attese, vista l’occasione difficilmente ripetibile. Piano stesso, parlando del Centro Pompidou a Parigi, aveva citato quel «senso d’intimidazione» che spesso caratterizza a vari livelli l’universo dell’architettura (cfr. «Il Giornale dell’Architettura», settembre 2011): a Londra questa «intimidazione» è rappresentata da una committenza spinosa per i risultati speculativi richiesti ai progettisti. Alla base dell’edificio le due piazze da 900 mq forse potranno assolvere alla funzione sociale anche senza essere inserite in una logica più ampia. Supposizioni, perché solo il tempo potrà dare risposte certe.
Ci si sarebbe aspettati, dal Piano che abbiamo imparato a conoscere nella sua storia fatta di brillanti successi (ad esempio a Sydney, per un altro grattacielo), un progetto paradigmatico per le generazioni future di architetti. Invece, si è prodotto quello che l’architetto genovese ironicamente chiama «scarnificazione del progettista»: una pubblica enquiry che ha coinvolto tutti gli attori interessati al progetto e che non permette di distinguere chiaramente dove cominciano e terminano le responsabilità delle parti. Questa scelta, operata dalla città e non dall’architetto, è pericolosa perchè non rilancia la funzione della committenza, oggi davvero in crisi.
In ogni caso, secondo «The Independent», non sarà semplice dare in locazione le superfici di Shard.
Il 5 luglio l’inaugurazione alla presenza dei finanziatori del Qatar e del Principe Andrea, duca di York: il capitale è stato tradotto in una bella architettura, con l’approvazione della corona e del suo artefice.
La carta d’identità del progetto
Committente: Sellar Property Group Progettisti: Rpbw con Adamson Associates Piani: 87, di cui 72 per residenze, alberghi, ristoranti e uffici Superfici: piano terra 126.712 mq, uffici (4°-27° piano) 55.277 mq, ristoranti (31°-33° piano) 2.608 mq, hotel (34°-52° piano con 200 camere per lo Shangri-La) 17.562 mq, residenziale (10 appartamenti tra 53° e 65° piano) 5.788 mq, galleria 1.391 mq (68°-72° piano) Parcheggi: 48 in silos meccanizzati Ascensori: 44 Scale mobili: 8 Web: http://the-shard.com

Autore

  • Marco Iuliano

    Nato a Napoli nel 1973, dove si laurea in Architettura presso l'Università Federico II nel 1997. Presso la University of Liverpool School of Architecture è professore associato e direttore di ricerca del Centre for Architecture and Visual Arts (www.cava-research.org). Ha pubblicato saggi su architettura contemporanea, fotografia e cartografia urbana. Insegna e collabora stabilmente in attività di ricerca con istituzioni Italiane e straniere tra cui il Department of Architecture della Cambridge University, la Faculdade de Arquitectura dell’Universidade do Porto e l’Università di Roma 3. Con Francesca Serrazanetti è autore del volume «Inspiration and Process in Architecture. James Stirling» (Moleskine, 2015). Ha organizzato le Colin Rowe Lecture Series in collaborazione con il Royal Institute of British Architects.

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Last modified: 18 Luglio 2015